Paternò. Lotta al caporalato. Obbligo di dimora per 31enne adranita per sfruttamento di manodopera agricola

La Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, nell’ambito dell’attività investigativa svolta dai Carabinieri della Stazione di Paternò e del Nucleo Ispettorato del Lavoro di Catania, a carico di un 31 enne di Adrano, incensurato, indagato per “reclutamento e sfruttamento di manodopera agricola in condizioni di estremo sfruttamento, approfittando dello stato di bisogno”, ha richiesto ed ottenuto dal GIP del Tribunale di Catania, nei suoi confronti, la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel Comune di Adrano, l’obbligo di non allontanarsi dalla sua abitazione tra le 15:30 e le 03:30 e l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria.

Le indagini, in uno stato del procedimento nel quale non è ancora intervenuto il contraddittorio con l’indagato, hanno fatto luce sulle condotte dell’uomo, verosimilmente poste in essere nel contesto criminale che orbiterebbe attorno alla gestione della raccolta di arance nell’area agricola di Paternò. In particolare, l’attività ispettiva dei Carabinieri è stata incentrata sull’agglomerato di lavoratori stanziali nella tendopoli di Contrada Ciappe Bianche di Paternò, spesso irregolari e impiegati illecitamente per i lavori agricoli in tutto il comprensorio paternese e nei paesi viciniori. Qui, mediante servizi di osservazione discreta e a distanza, gli investigatori hanno individuato un furgone sul quale gli extracomunitari venivano caricati e portati nei terreni ove occorreva raccogliere arance. Nello specifico durante l’attività, era stato seguito e poi fermato un Fiat Iveco, che aveva prelevato 7 lavoratori e li aveva portati all’interno di un fondo agricolo a Mineo. In quella circostanza, i Carabinieri avevano intimato l’alt al mezzo ma, l’autista era fuggito, lasciando gli extracomunitari nel vano posteriore. I successivi controlli avevano quindi consentito di accertare che tutti gli occupanti del mezzo erano privi del permesso di soggiorno e non avevano alcun contratto di lavoro.  Ascoltati dai militari, i lavoratori avevano riferito poi, di essere stati “ingaggiati” dall’odierno indagato, raccontando le massacranti condizioni di lavoro che, per stato di necessità, sarebbero stati costretti ad accettare, ovvero turni di 10-12 ore al giorno, 6 giorni su 7, con retribuzione a cottimo condizionata al raggiungimento di determinati obiettivi di raccolta, indipendentemente dalle ore effettivamente lavorate, in violazione di qualsivoglia normativa sul lavoro. Nessuno di loro, inoltre, avrebbe ricevuto una formazione sulla sicurezza o sarebbe stato sottoposto a visite mediche preventive, così come non sarebbero stati forniti loro i necessari dispositivi di protezione individuale, in violazione delle norme in materia di sicurezza e igiene sui luoghi di lavoro. Uno di loro, infatti, lo scorso mese di febbraio si sarebbe infortunato cagionandosi una frattura, ma sarebbe stato convinto dall’indagato a non raccontare la verità ai medici del pronto soccorso, bensì a riferire di un incidente domestico. Il ruolo predominate del 31 enne sarebbe emerso sia nell’organizzazione del lavoro, che nei rapporti con i lavoratori; lui, infatti avrebbe emanato tutte le direttive in tal senso e si sarebbe occupato di reclutare manodopera irregolare e sfruttarla presso fondi agricoli non solo di sua proprietà ma anche di terzi. Il reclutamento, poi, sarebbe avvenuto sfruttando lo stato di bisogno degli occupanti la tendopoli di Ciappe Bianche, i quali si trovavano in una situazione di vulnerabilità e precarietà che li rendeva facilmente manipolabili.

Il modus operandi dell’indagato, sarebbe stato così incentrato su una relazione di subordinazione e dipendenza tipica del caporalato. Oltretutto vieppiù, il coinvolgimento di un numero significativo di persone, oltre tre, è solitamente tipico di una gestione del lavoro non solo irregolare ma criminale, finalizzata a sfruttare massicciamente la manodopera vulnerabile senza alcuna considerazione per la loro sicurezza e benessere.  La sussistenza delle esigenze cautelari da parte dell’Autorità Giudiziaria è stata valutata in ordine al pericolo di reiterazione di condotte illegali, in quanto l’indagato avrebbe ammesso che per lui “è normale commettere quel tipo di reati pur di conseguire il risultato del profitto”. Per tale motivo, assodato che le modalità dell’azione, gli espedienti adottati e l’atteggiamento del 31 enne hanno fatto emergere un’abitudine e una disinvoltura nella realizzazione di condotte criminose di assoluta gravità, l’uomo è stato sottoposto a misure cautelari che gli impediscano di allontanarsi dal Comune di residenza e, ancor più, dalla sua abitazione nell’arco temporale pomeridiano e notturno, con obbligo di firma presso la polizia giudiziaria.

 

Autore: Redazione

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